Dopo 16 anni di digiuno ritorna il Rosso sulla roulette del Principato. Vettel conquista il successo ed allunga in classifica mondiale. Mercedes fuori dal podio con entrambe le vetture.

90^ doppietta Ferrari in Formula1: non sarebbe potuto essere più roseo il Gran Premio di Monaco per la Scuderia di Maranello. E con entrambe le Mercedes fuori dal podio (ora Vettel è a +25 in classifica su Hamilton) il risultato è ancora più “ricco”.

Credits @Scuderia Ferrari Twitter account

L’ordine d’arrivo tra i due compagni di squadra è stato deciso, come accaduto spesso sulle stradine di Montecarlo, dalle soste ai box: il tedesco di Heppenheim, dopo il rientro per il pit di Raikkonen, ha inanellato tre giri ad un ritmo forsennato con gomme usate, accumulando i metri di vantaggio necessari per poter rientrare in prima posizione.

Credits @Scuderia Ferrari Twitter account

Nonostante il secondo posto, abbiamo visto particolarmente scuro in volto Kimi Raikkonen, che forse già sentiva in bocca il dolce sapore del successo, e che dopo il pit è sembrato un po’ perdere la motivazione (e quasi tutto il vantaggio sugli inseguitori).
Chiude il podio Daniel Ricciardo, su una Red Bull che in gara è stata molto veloce (vicina ai tempi dei ferraristi), che con un undercut ha “bruciato” sia Bottas sia “l’arrabbiatissimo” team-mate Verstappen (e la nostra Marika Laselva vi farà risentire il suo team radio nella sua rubrica Formula1 Radio).
Andando ad affrontare considerazioni più tecniche, risalta, indubbiamente, dopo la supremazia Ferrari, la “crisi Mercedes”, con Bottas 4° ed Hamilton 7°, in rimonta dalla 13^ posizione di partenza (e, nonostante alcuni avessero affermato che il “passo lungo” Mercedes non potesse influire così negativamente, probabilmente questo è stato una “radice” importante delle problematiche monegasche delle Frecce d’Argento).
E’ stata soprattutto una crisi di gomme: evidenti le difficoltà nel portare in temperatura i compound più teneri della gamma Pirelli (nonostante fossero mescole Low-working range), e ancor più nel mantenere omogenee le temperature tra anteriore e posteriore (va detto che alcuni team proposero alla Federazione la possibilità di utilizzare gomme di mescola differente sui due assali, per poter ovviare al problema. Proposta respinta sia per evitare d’introdurre ulteriori variabili, sia per interposizione diretta della maggioranza dei team).

Credits @Mercedes-AMG F1 Twitter account

Tra i due piloti di Toto Wolff, a subire di più la situazione è stato indubbiamente Lewis Hamilton, e, probabilmente,  non solo per via del suo stile di guida meno “brusco” nel “portare temperatura” sulle gomme (accusava, da telemetria, temperature più basse degli suoi pneumatici, rispetto a quelli di Bottas, di ben 8°). Soprattutto perché, come dichiarato dall’inglese, utilizzavano gli stessi assetti.
Ed il mistero s’infittisce vedendo come in gara, dopo le titubanze iniziali date dal pieno di carburante, la Mercedes abbia comunque mostrato un buon passo (comunque leggermente inferiore a quello Ferrari), forse aiutata anche dalle altissime temperature dell’asfalto (che, oltre i 50°, letteralmente “scioglieva” il bitume a Sainte Devote).
Temperature che, a circa un quarto di gara, han creato problemi anche alle gomme posteriori delle Ferrari, favorendo un riavvicinamento di Bottas; ma poi, come testimoniato da Vettel, improvvisamente gli pneumatici hanno ritrovato nuovamente aderenza, «come se avessimo montato un set di gomme nuove».
Gomme, quindi, che per certi punti di vista costituiscono ancora un “rebus” per le squadre, anche per quelle che, come la Ferrari, sembrano aver “fatto meglio i compiti a casa” sia durante i test pre-season 2017, sia durante i test con i “mulotipo 2015”, organizzati da Pirelli per sviluppare le nuove gomme “extralarge”.
Altro tema tecnico caldo, sempre sul fronte Mercedes, è quello dato dal giro di qualifica finale di Bottas. Dopo esser sempre stato abbastanza lontano dai tempi di vertice, in Q3 il finlandese ha sfoderato un giro “monstre”, dove ha sia migliorato il suo precedente best lap di ben 7 decimi (contro i 2 di media di Ferrari e Red Bull, le vetture fino a quel momento più rapide in pista), sia sfiorato la pole di Raikkonen (arrivando ad appena 43 millesimi dal ferrarista).
Il tutto, come mostrato dalle immagini tv (notare la luce verde sul lato sinistro del volante, accesa lungo l’intero arco del giro), utilizzando la famigerata “mappatura più performante” del propulsore Mercedes.
Ma, considerata la natura del tracciato, poco demandante in termini di potenza massima, sorge spontanea una domanda: quanto vale, realmente, la Power Unit Mercedes?
Una valutazione approssimata ma abbastanza realistica , tenuto conto di questa prestazione, farebbe presumere che la suddetta “mappatura magica” possa garantire, alla sua attivazione, per determinati momenti di qualifica e gara, almeno una settantina di cavalli extra. Quasi facendo pensare che gli altri, al confronto, in quei momenti montino un motore d’una categoria inferiore.
Tante ipotesi sono state fatte sulla vera natura di questo vantaggio, le ultime riguardanti la combustione dei vapori di blow-by dell’olio lubrificante.
Ma, probabilmente, ancora siamo lontani dal capire veramente la ragione di questo “miracolo tecnico” che, finora, sembra aver tolto “le castagne dal fuoco” alla Mercedes in numerosi momenti di difficoltà nel duello con la Ferrari.
In Canada, prossimo appuntamento del Mondiale 2017, andremo ad approfondire nuovamente alcuni di questi aspetti fondamentali che stanno costituendo il leitmotiv della sfida iridata Mercedes-Ferrari.
Sfida che si fa sempre più combattuta, imprevista ed entusiasmante.

di Giuseppe Saba (Twitter: @saba_giuseppe)

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