Così tanta carne al fuoco in questo dopo-Gp del Messico da far quasi passare inosservata la lotta al vertice Rosberg-Hamilton. L’inglese della Mercedes si rimette dietro nel weekend il compagno di squadra (anche con un “lungo furbetto” alla prima staccata, dove si avvantaggia “andando per prati non dovendo cedere la posizione a chi lo seguiva…) ancora capoclassifica mondiale che, pur continuando la sua opera di “marcatura” (gli basta arrivare sempre secondo per ottenere l’iride), forse inizia a mostrare quella che in gergo tennistico si direbbe “sindrome da braccino corto”. Ma il “fil rouge” che ha unito la gara di tanti “intepreti” di questa gara è stato Max Verstappen: coinvolto fin dal via con una toccata d’impeto, dovuto ad un’entrata troppo “ottimista”, a ruote bloccate, sul povero Nico Rosberg,

che in quel momento avrà sicuramente “sudato freddo” (per sua fortuna, senza conseguenze alla sua Mercedes) per la sua rincorsa al titolo, ha continuato la sua “wacky race” ributtandosi a capofitto, appena visto un varco lasciato da Rosberg durante un doppiaggio, frenando almeno 15 metri dopo il punto di staccata e quasi riandando a centrare il pilota tedesco (ma visto che la fisica non è un opinione, come poteva minimamente sperare il buon Max di fare la curva andando a frenare così oltre il punto ideale? Un errore tipico di un giocatore di videogame di guida “arcade”, non di un pilota professionista…). Ma la “scena madre” della gara del “virgulto olandese” si consuma al penultimo giro: insediato da vicino da Sebastian Vettel e quasi raggiunto anche dal compagno di squadra Ricciardo (che in precedenza il team aveva convinto” a cedergli la posizione), in crisi di gomme (che aveva messo alla frusta cercando di riprendere Rosberg: Max deve ancora migliorare sul versante della gestione gomme in gara), il pilota Red Bull “inchioda” in frenata e va per i prati senza cedere la posizione al tedesco della Ferrari, che viene tenuto dietro dal figlio di Jos fino al traguardo (il muretto Red Bull “consiglia” al suo pilota di cedere la posizione, ma in maniera forse non troppo convinta. Malignamente si potrebbe dire per favorire il recupero ed il sorpasso di Ricciardo ai danni della Ferrari…).

Alla fine il giovane “torello” riceverà una penalizzazione di 5 secondi che gli fa perdere il podio a vantaggio di Vettel e lo relega anche dietro al compagno di team, al 5° posto. Penalizzazione arrivata solo dopo le veementi proteste di Vettel (che arriva perfino ad insultare Charlie Whiting, scusandosi però correttamente a fine a gara) e che innescano la risposta incauta dell’olandese, che definisce il 4 volte iridato “un idiota frignone”. Forse oggi, tirando le somme, Max Verstappen era più vicino alla bandiera nera che al titolo di “driver of the day”: ed è un peccato, perché il talento enorme di questo ragazzo va tutelato da atteggiamenti indotti da un certo “senso d’onnipotenza” pericolosamente “inculcatogli” da certo suo entourage, che fa solo del male a quello che dovrebbe essere un “patrimonio per il futuro” della Formula Uno. In mezzo, qualche strascico polemico anche nella lotta Ricciardo-Vettel, finita anch’essa “under investigation”: l’australiano lamenta uno spostamento in frenata del tedesco durante il suo attacco, ma bisogna anche dire che questo spostamento è stato di un metro (in una frenata impegnativa) rispetto ai 5 metri “canonici” delle manovre di Verstappen, e che comunque il tedesco ha lasciato sempre quello “spazio vitale” necessario ad evitare il “patatrac” (e ricordiamo che Daniel “entrava dentro” con una staccata a ruote completamente bloccate un po’ “sparagnina”, con tanto di toccata…). Di sicuro, le polemiche relative ci accompagneranno almeno fino alla prossima gara, se non oltre…

(NOTIZIA DELL’ULTIM’ORA: SEBASTIAN VETTEL E’ STATO PENALIZZATO DAGLI STEWARD DI GARA DI 10 SECONDI ALL’ARRIVO E 2 PUNTI DI PENALITA’ SULLA PATENTE. CEDE COSI’ IL PODIO A DANIEL RICCIARDO E CONCLUDE PURE DIETRO VERSTAPPEN).
Altro tema “caldo”, il comportamento “al caldo” del connubio mescole più tenere-Ferrari SF16-H. Parlare di Ferrari dopo la mia bellissima avventura in quel di Maranello in piacevole compagnia degli amici dello Scuderia Ferrari Club Tirreno, con tanto di Factory Tour (e di questa “due giorni” vi parlerò più diffusamente in un mio prossimo articolo), è un qualcosa che mi sta particolarmente a cuore. Perché dopo aver visto l’impegno e la dedizione profusi dagli uomini del Cavallino per cercare di risalire la china, fa specie vedere in pista una monoposto con un comportamento così “bizzoso” e “metereopatico”: se lo scorso anno le Rosse davano il meglio di sé in condizioni di pista calda, quest’anno è l’esatto opposto. Infatti, i buoni riscontri avuti fino alla Q2 con temperature al di sotto dei 50 gradi, si sono letteralmente “sciolti” appena la colonnina è salita sopra questo limite e sono state impiegati gli pneumatici SuperSoft Red della Pirelli: la mescola “low-working range” è stata surriscaldata dalle geometrie sospensive della vettura di Maranello, uscendo al di fuori della “finestra d’utilizzo ideale” e perdendo tutto il grip (insieme ad almeno 5 decimi di secondo) di vantaggio rispetto alla Soft Yellow “high-working range”. Risultato: un miglioramento di soli 4 millesimi nel passaggio alla mescola più tenera e prestazionale. In gara, con temperature che, partendo dagli iniziali 48° dell’asfalto, sono scese anche a 46°, la Ferrari è “rinata”, dimostrandosi spesso come la monoposto più rapida in pista e recuperando anche dei secondi rispetto alla testa della corsa, giungendo infine al podio (grande corsa quella odierna di Sebastian Vettel, che farà sicuramente del bene al suo morale). Forse qualcuno, sottoscritto compreso, poteva pensare che sfruttando ciò, con una strategia “azzardata” (come, ad esempio, fare uno stint centrale brevissimo “da qualifica” con gomme Supersoft, per cercare di guadagnare, anche sopravanzando in pista le Red Bull, per guadagnare quanto più possibile prima del passaggio, nell’ultima sosta, a gomme di pari mescola rispetto agli altri ma più “fresche” e quindi sollecitabili, non avendo comunque nulla da perdere rispetto ai piloti che inseguivano) si sarebbe potuto aspirare magari a qual cosina di più, ma chi ha gli strumenti e le competenze adatte a fare ciò ha giustamente optato diversamente spinto sia dalla mancanza di ulteriori treni di gomme Soft nuove, sia dalle numerose incognite di una strategia “sul “filo del rasoio”. Certo è che per ambire a risultati migliori per il futuro (e si è lavorato ancora tanto in chiave 2017 con il test di componenti di nuova concezione, come il bat-wing provato durante le prove libere) bisognerà in primis qualificarsi più avanti migliorando (e ampliando) la finestra di sfruttamento ideale degli pneumatici (e le nuove misure più larghe per il 2017 potrebbero dare una mano in questo senso). Una precisazione sulla strategia adottata per Kimi Raikkonen, con un ulteriore cambio gomma apparso, durante la gara, “scellerato”: il finnico aveva accusato importanti problemi di feeling con quel treno di gomme Medium, forse difettoso, costringendo così il team ad un pit ”extra”. Il Campione del Mondo 2007 è stato poi bravo a riprendersi la sesta posizione su Nico Hulkenberg con un sorpasso “da brividi” (e con annesso testacoda del tedesco, autore comunque di una brillante qualifica e prima parte di gara). Ancora due gare al termine del Mondiale (prossima tappa: Brasile, circuito di Interlagos), e titolo piloti non ancora assegnato, seppur Rosberg goda di un buon margine. Ma la Formula Uno, si sa, non è uno sport “scontato” come potrebbe molte volte apparire: per cui, aspettiamocene delle belle…!

 di Giuseppe Saba (Twitter: @saba_giuseppe)

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