La cronaca di questo bagnatissimo e “quasi” interminabile Gran Premio del Brasile (segnato da lunghe interruzioni da bandiera rossa e safety car) ci ha consegnato un Hamilton “imperiale” (che, anche se dovesse alla fine perdere il Mondiale, ha di nuovo confermato la sua incredibile velocità, al momento probabilmente superiore a quella di tutto il resto del Circus), un Rosberg che “passa indenne la nottata” (con un secondo posto ottenuto soprattutto grazie alla scellerata strategia Red Bull di richiamare ai box le sue vetture per montare gomme da bagnato intermedio, in un momento in cui era invece atteso un incremento delle precipitazioni) e si guadagna la chance di poter arrivare anche terzo (con Lewis vincente) nell’ultimo Gran Premio conquistando comunque l’agognato iride, e uno strepitoso, straripante (bravo e fortunato anche quando s’è girato ad inizio rettilineo, riuscendo con un grande controsterzo a riprendere la vettura evitando il guard-rail), Max Verstappen, che conquista il podio a suon di sorpassi (e traiettorie sul bagnato) da applausi, infliggendo una lezione pesante da digerire a Rosberg (che a dire il vero non poteva certo rischiare per resistere al sorpasso di Max), al compagno Ricciardo (che gli era davanti e, dopo averne subito il sorpasso, ha concluso 8°) ed a Sebastian Vettel (superato in tromba a pochissimi giri dalla fine, anche grazie alle gomme più fresche e con una manovra “cattivella”, ma entro i limiti delle regole e del “buonsenso di gara”, con cui ha “accompagnato” fuori il tedesco che, con manovra quasi identica, aveva fatto lo stesso con Alonso nei giri precedenti).

Il tutto mentre Felipe Massa, uscito per acquaplaning in testacoda distruggendo la sua Williams, salutava in lacrime i tifosi mentre raggiungeva a piedi i box.
Questa è la cronaca (durata troppo poco per noi appassionati) “da pista”, mentre in precedenza è stata quella contingente del “dietro le quinte” a tenere il palcoscenico di questo evento.
Le interruzioni, i ripensamenti, le safety-car imposte (alcune a ragione, altre a torto) da Charlie Whiting (che,probabilmente, oggi tutti gli appassionati avrebbero volentieri “apostrofato” così come fece Sebastian Vettel nello scorso Gp del Messico…) hanno fatto da pesante contraltare alla bellissima ultima fase di gara, che ha ridato un po’ di “brio” a noi appassionati che, fino ad allora, eravamo sprofondati “letargicamente” sui nostri divani.
La “radice di tutti i mali” è lo stravolgimento dei regolamenti avuto dal 2009 ad oggi, dove sono stati aboliti i test in pista (in “favore” di costi ben più alti dovuti agli sviluppi “in virtuale” con simulatori e banchi prova dinamici ad essi “cablati” dal costo di decine di milioni di euro…) e introdotto il concetto di “parc fermé” già dall’inizio delle qualifiche.
Ciò ha comportato principalmente due cose: Pirelli può fare pochissimi test in pista per realizzare delle gomme migliori (e oggi l’inadeguatezza delle coperture full-wet, non all’altezza della situazione rispetto, ad esempio, a Bridgestone, Goodyear o Michelin di anni fa, è stata palese), sia per l’asciutto (ma qui interviene anche la volontà FIA e FOM di avere “gomme da spettacolo” piuttosto che “efficaci”…) che, come in questo caso, per il bagnato.
E il regime di “parco chiuso perenne” impedisce di adeguare gli assetti delle monoposto alle condizioni di pista bagnata, creando non poche difficoltà nel far girare in pista queste monoposto, tra bandiere rosse e safety car “ultra-prudenti”
 (e pensiamo che il prossimo anno vorrebbero far partire le auto “da fermo” anziché dietro la safety come fatto, fin troppo spesso, ora): difficoltà che, di fatto, “imbrigliano” corse che, come gli ultimi giri di oggi, potrebbero essere fantastiche e avvincenti, e che farebbero avvicinare alla massima formula tantissimi appassionati in più rispetto a quelli, spesso “annoiati”, attuali.
Speriamo che chi di dovere (ma le speranze sono poche, visti i “soliti personaggi” ai vertici delle istituzioni di governo della massima formula, che ricordano, in tanti aspetti, certi dirigenti di certi partiti da “prima repubblica”…) abbia osservato bene questi ultimi giri, e che, magari con il “pungolo” dei nuovi padroni americani di Liberty Media, abbraccino il concetto dello “yes we can!”, restituendoci una Formula Uno quantomeno più vicina a speranze e aspettative di noi “comuni appassionat”i dell’epicità della pista, dei suoi Cavalieri e dei duelli che ne accomunano i destini.
Come chiusa, una nota poco piacevole (non solo per i suoi tifosi, ma per tutti coloro che amano il Motorsport) ed una lieta.
La prima è la prestazione odierna delle Ferrari: il bagnato ha messo in mostra ancor di più la carenza di carico aerodinamico (con Raikkonen che, causa scelta specifica di un assetto scarico, ha pagato ancor più cara la decisione sua e del box, andando a picchiare, dopo un acquaplaning in pieno rettilineo, le barriere, rischiando anche conseguenze, visto l’arrivo del gruppone ricompattato dalla safety-car, ben più drammatiche per sé e gli altri) e l’inadeguatezza del suo impianto sospensivo, che ancora non riesce a entrare “in piena sintonia” (dal 2011…) con le Pirelli, d’asciutto o da bagnato che siano.
E, secondo chi scrive e (penso) qualunque persona razionale, non è il caso di “gettare la croce” sulle spalle di piloti ritenuti “inadeguati sull’acqua” (anche se Raikkonen ha sempre dimostrato in carriera di non gradire l’umido). Un pilota come Vettel, che conquistò il suo primo Gran Premio stupendo tutti su una Toro Rosso in una Monza bagnatissima, autore di grandi gare sul bagnato anche in Red Bull, non può aver smarrito il “manico da bagnato”, perdendo il controllo della vettura in un modo quasi da “pivello”… (il tutto, come detto in precedenza, con il “contributo” di queste Pirelli “full-wet” poco “progressive” nel loro avvicinarsi al limite).
E questa è una colpa che (seppur con tutte le attenuanti delle sue difficili vicende familiari) va a ricadere su chi ha concepito questa SF16-H, ovvero James Allison. Vedremo se il 2017 ci porterà una Rossa più “user-friendly” verso i suoi piloti, che, di certo, si meritano un mezzo ben più competitivo di quello attuale.
L’ultima nota bella di questa gara “paulista” è il commiato dai suoi tifosi di Felipe Massa: le lacrime finali ci hanno fatto assaporare una volta di più la genuinità e generosità dell’uomo, degno completamento della figura di pilota velocisticamente dotato (anche se non a livello dei fuoriclasse), forse sfortunato in alcuni frangenti (vedi Interlagos 2008), forse carente in altri (i tanti testacoda a Silverstone nella stessa stagione), che ha avuto la capacità e la forza di ritornare nel Circus dopo un incidente terribile (Ungheria 2009), dimostrando tutta la sua tenacia e passione.
E che si è meritato, alla fine della fiera, tutto il rispetto di ogni appassionato di Motorsport (che desidererà rivederlo presto impegnato in qualche altra corsa di prestigio, come Le Mans).
Obrigado, Felipe.

di Giuseppe Saba (Twitter: @saba_giuseppe)

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