Qualcuno si chiederà se dopo il 5° posto di Vettel e il 3° di Raikkonen, la Ferrari torna a casa soddisfatta oppure se ha limitato i danni.

Purtroppo ci sono alcuni punti da esaminare con cura per capire quanto sta accadendo alla Rossa, tuttavia possiamo comunque asserire che il trend del finale di stagione dello scorso anno è ancora il comportamento della squadra vista nella sua interezza, un andamento per nulla positivo perché ricalca alcuni difetti che non hanno permesso a Ferrari di vincere il titolo già nel 2017 pur disponendo di una vettura ad altissima prestazione. Per verificare quanto sopra bisogna fare una valutazione del rendimento in qualifica delle seconde guide di Mercedes e di Ferrari; premesso che una ‘seconda guida’ ha il compito principale di sottrarre punti agli avversari soprattutto quando il leader non ne ha la possibilità; appare evidente che il ruolo dei ‘secondi’ è di importanza vitale per la vittoria finale, quando i contendenti appartengono a squadre diverse; il riferimento è agli anni in cui Hamilton se la giocava solo con Rosberg e gli altri erano in pista solo per assistere alle loro battaglie.

Ora mettendo sotto la lente d’ingrandimento le prestazioni di Hamilton in qualifica la prima cosa che risalta sono le 3 pole position di Australia; Spagna e Francia; tuttavia è stato Bottas che ne ha preso il posto nei momenti cruciali, quando per un motivo o per un altro il campione Britannico non è stato in grado di offrire prestazioni di rilievo; è stato il Finlandese infatti a mettersi ad inseguire dalla griglia le Ferrari in Bahrain (3°), in Cina (3°) ed in Canada col 2° posto in partenza, il tutto coadiuvato dalla seconda casella al Paul Ricard proprio dietro il suo leader. In Ferrari le cose non sono andate in questo modo nel 2017 mentre nel 2018 un qualche ‘sprazzo’ di competitività Raikkonen lo ha mostrato in alcune gare; eppure non è di questo che la Ferrari ha bisogno per vincere il titolo; non basta il 3° posto di una gara rovinata dallo stesso Vettel in partenza; la Rossa ha bisogno di un driver che sostituisca il suo leader quando questo commette errori o si trova nel ‘giorno sbagliato’. La differenza di classifica nelle qualifiche svolte in Francia tra Vettel e Kimi è stata di oltre 6 decimi con un 6° posto del Finlandese che non ha aiutato la ‘causa’ affatto ed anzi col 3° posto finale fa sorgere degli interrogativi ancor più angoscianti nella mente dei tifosi ma anche dei tecnici; infatti la domanda che arriva spontanea è dove poteva arrivare davvero, visto il passo ottimo, se fosse partito almeno dalla 4° casella; ciò di cui aveva bisogno la Rossa era di mettere sotto pressione Hamilton e farlo girare al massimo delle sue possibilità, per saggiarne la ostentata sicurezza che spesso non è tale, ma anche la vera resistenza delle gomme modificate sulla Mercedes od anche la nuova power unit che qualche problema lo ha avuto sia con Bottas che su altre vetture. Ed invece quando c’è veramente bisogno dello ‘scudiero’ del fido alleato, questo si eclissa con lo stesso sguardo perso nel vuoto della conferenza stampa. Kimi è un idolo per molti, ed anche per chi scrive; tuttavia sarà difficile portare a casa il titolo se rimane nel suo saggio torpore…

Altro capitolo è rappresentato da Vettel, l’ex ragazzino prodigio che ha in tasca 4 mondiali ma che sembra non averne nemmeno uno in realtà; pare che non abbia ancora imparato nulla dopo le disastrose partenze del 2017, quando buttò al vento la possibilità di lottare per il titolo fino alla fine; non riesce mai a capitalizzare un risultato se non parte in pole position e tutto fila liscio; dovrebbe imparare dallo stesso Hamilton che ha saggiamente tirato i remi in barca quando ha visto che non era aria di vittoria; in Francia ha commesso un errore marchiano e da dilettante cercando di infilarsi chissà dove; quando, visto che partiva 3°, c’era solo da controllare che non venisse passato da Verstappen per poi fare la sua gara all’inseguimento delle Mercedes; ed invece è caduto nel classico ed astuto ‘trappolone’; Hamilton che non affonda e Bottas che stringe, giustamente, la traiettoria. A nulla valgono poi gli innumerevoli sorpassi e la generosità messa in pista, anzi proprio le prestazioni della vettura durante la rimonta, fanno capire l’enormità del suo errore; perché poteva giocarsi la vittoria finale se solo avesse avuto pazienza e sangue freddo; e questo sembra essere il vero limite di questo pilota; perfetto quando parte in testa e si trova al comando; gestisce la vettura, le gomme ed ogni traiettoria con efficacia millimetrica; ma il suo tallone d’Achille è l’incapacità di saper gestire la gara quando deve inseguire da posizioni di rincalzo; i motivi forse vengono da lontano, da quei 4 titoli mondiali vinti sul velluto e con regolamenti che favorivano il suo team. La Ferrari, se vuole davvero vincere questo campionato, deve fare un gran lavoro sui suoi piloti che, ad ora, non sono all’altezza della coppia rivale.

Marco Asfalto

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