Il pilota inglese vince il suo quinto titolo mondiale, bissando quell’anno dell’anno, con autorevolezza, maestria e con tanta classe, uguagliando nella classifica all-time di tutti i tempi un mito come Fangio

Lewis Hamilton è nella storia. Vince il suo quinto titolo mondiale come Fangio, staccando a quota quattro proprio il suo avversario diretto degli ultimi due anni Sebastian Vettel e mettendo nel mirino un mito del Motor sport come Michael Schumacher, lontano solamente due lunghezze a quota sette. La matematica certezza arriva al termine di una gara non certo esaltante per il campione inglese, forse la più difficile per lui e per la sua scuderia, con una W09 resa assai vulnerabile non solo dalle difficoltà nella ricerca di un equilibrio nel bilanciamento, ma anche nella gestione degli pneumatici.

Con molta probabilità, Hamilton non sarà stato entusiasta di come sia arrivata questa vittoria, ma poco importa, perché questo mondiale è stato vinto con tanta grinta, determinazione ma soprattutto con quella classe che pochi piloti hanno mostrato di avere. Non è un caso che sin dall’anno del suo esordio nel 2007, Hamilton ha dimostrato a tutti la sua bravura, mettendo prima in grandissima difficoltà un campione navigato come Fernando Alonso, reduce dal bis mondiale, e vincendo poi, l’anno dopo, il suo primo titolo mondiale. Certamente, nella sua scalata, un ruolo fondamentale è stato giocato dalla Mercedes, scuderia che dall’avvento dei motori ibridi ha completamente dominato la scena: ma anche qui, un conto è avere la macchina e un altro è vincere i mondiali. Se ripercorriamo gli anni del duo con Rosberg, il pilota inglese è sempre stato una spanna sopra al suo compagno di squadra, dando sempre l’impressione che difficilmente il pilota tedesco lo avrebbe potuto sopravanzare nella lotta al titolo.

E infatti, tra Hamilton e il suo allora possibile terzo mondiale nel 2016, c’è stato solo un motore in fumo, in quel di Kuala Lumpur, e addio sogni di gloria, altrimenti, con molta probabilità, adesso staremo parlando di un Hamilton a quota sei e di un Rosberg ancora alla ricerca di un modo per sconfiggere un pilota che di punti deboli sembra averne veramente molto pochi. Ma questa è storia: il presente parla di un mondiale vinto con tanto merito, al netto delle tante discussioni legate ai fori sui mozzi delle ruote posteriori e dei tanti e possibili “aiutini” che la Federazione concede alla Mercedes.

Forse dei quattro titoli vinti in Mercedes questo è stato il più sudato perché per la prima volta aveva di fronte una Ferrari finalmente tornata competitiva come non accadeva da anni e un Sebastian Vettel affamato di vittoria. Forse è stata la troppa fame ad ingannare il quattro volte campione del mondo, troppe volte resosi protagonista di errori e di comportamenti al limite del regolamento che hanno spianato la strada ad Hamilton, che, certamente, ha bisogno di tutto tranne che di favori da parte degli avversari.

Ma non è neanche corretto nei confronti del penta campione, sottolineare i demeriti di Vettel e non enfatizzare i sui colpi di bravura come per esempio la grande rimonta in Germania, la pole capolavoro sotto la pioggia in Ungheria, il sorpasso alla “Roggia” su Vettel all’esterno e il super giro in qualifica a Singapore. Tutti tasselli che insieme ad altre vittorie di tappa, o ai tanti podi conquistati in giro per il mondo hanno contribuito alla sua vittoria.

Infatti, mai come quest’anno, la costanza nel rendimento e la capacità di riuscire ad ottenere il massimo da ogni week-end di gara sono stati le armi più prolifiche per Hamilton, che escludendo il ritiro in Austria, peraltro per problemi di affidabilità, è sempre andato a punti e che quando non aveva la vettura per vincere ha sempre cercato di minimizzare i danni centrando quasi sempre il podio o, in maniera anche un po’ rocambolesca, a vincere come successo a Baku.

Stiamo parlando di un pilota completo, che ama sì gli eccessi della mondanità derivanti dalla fama che è riuscito a crearsi, ma che una volta con il casco indosso è un vero e proprio campione, uno dei più forti della storia sul giro secco in qualifica e in condizioni di posta bagnato, un pilota che sa gestire al meglio le gare, capace di capire quando attaccare e quando invece è meglio tenere la posizione per evitare inutili guai, segno di come l’esperienza dell’incidente ad Interlagos del 2007 o l’uscita di pista in Cina il fine settimana prima lo abbiano formato totalmente. Parliamo di un pilota che o lo ami per le sue qualità da piloti o non lo ami per la sua irriverenza e per la facilità con la quale alle volte riesce a portare a casa successi che sembravano quasi insperati: Hamilton è così, prendere o lasciare, ma sicuramente è un pilota che farebbe comodo a molte scuderie e che sicuramente è un vincente e che al momento non sembra avere troppi eguali. La speranza è che l’anno prossimo, per i tifosi della Ferrari, Vettel abbia tra le mani nuovamente una vettura molto forte come quella di quest’anno, ma che soprattutto non butti all’aria tanti e troppi punti, e per i tanti olandesi che supportano Verstappen che il duo Red Bull-Honda sia così vincente da consegnare ad un altro predestinato una vettura tale da poter contendere il titolo piloti ad uno dei più grandi di sempre.

Francesco Saverio Falco

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