Gioie e dolori direbbe qualcuno, ma non parliamo di problemi sentimentali oggi. Che rapporto hanno le donne con la velocità? E soprattutto con la Formula Uno? Di donne nella massima serie ce ne sono state veramente poche, cinque per l’esattezza, alcune delle quali non si sono mai qualificate per correre la gara ufficiale, la prima è stata un’Italiana, Maria Teresa de Filippis che esordì nel 1958 nel Gran Premio del Belgio su Maserati correndo quattro gare, in seguito decise di abbandonare a causa del dolore per la morte del suo carissimo amico e titolare della scuderia per cui correva, Jean Behra, circostanza tragica in quanto egli decise di salire in vettura proprio al posto di Maria all’ultimo momento, possiamo solo provare ad immaginare quanto questo possa averla sconvolta; altra Italiana fu Maria Grazia Lombardi che esordì nel ’74 e corse anche i due anni successivi, rimane l’unica donna ad aver conquistato dei punti nella massima serie. Una donna pilota velocissima almeno sugli sci è stata la Britannica Divina Galica, più famosa forse per detenere il record di velocità di discesa libera (125 miglia/h) che per i suoi successi motoristici, non disputò nessun GP non qualificandosi; ci sono state altre due donne a correre in F1, la Sudafricana Desirè Wilson con scarsi risultati e l’altra Italiana Giovanna Amati, che fu sostituita, dopo aver mancato la qualificazione per tre GP, da Damon Hill. Nel 2012 la Spagnola Maria De Villota diventa collaudatrice della Marussia, nello stesso anno, il 3 luglio subisce uno strano incidente non del tutto chiarito nella dinamica presso Duxford, perdendo l’uso di un occhio, morirà nel mese di Ottobre 2013 per cause naturali presso un albergo a Siviglia.

C’è da chiedersi come mai fin dalla nascita della massima formula non ci siano state donne che abbiano raggiunto risultati soddisfacenti, forse negli anni passati ci poteva essere una sorta di pregiudizio verso il ’gentil sesso’ non solo negli sport motoristici purtroppo, si riteneva che una donna non potesse reggere la pressione, le vetture erano difficili da guidare ed era necessaria anche una certa prestanza fisica, inoltre il mondo delle corse era popolato solo da uomini e questo di certo non favoriva i rapporti all’interno del paddock, questi pregiudizi probabilmente hanno tenuto lontani gli investitori e gli sponsor, altre volte questi ultimi hanno favorito l’ingresso di donne nelle competizioni motoristiche proprio con l’intento di pubblicizzare un team. Ma le motivazioni sono più profonde, fino agli anni ’70 di fatto le donne che guidavano un’automobile erano pochissime e ancor meno quelle che passavano il tempo nei garage a smontare ed elaborare vetture o motociclette, ci sono voluti anni prima che l’universo femminile si appropriasse dei suoi sogni e delle sue passioni, anche se queste erano state fino a quel momento appannaggio degli uomini, le donne hanno finalmente iniziato a frequentare il mondo delle corse e non solo da spettatrici, ma diventando spesso protagoniste, eppure ancor oggi, sono sempre in minoranza a presentarsi fin da piccole a bordo di kart per iniziare una carriera nello sport motoristico, forse ammaliate, come le famiglie, da carriere ben diverse nel mondo della tv o quello patinato della moda.Vorremmo vedere più donne al volante di vetture da gara ed anche all’interno del box o al muretto; ad esse vengono riconosciuti senz’altro valori caratteriali diversi e in alcuni casi più incisivi dei loro colleghi maschi, precisione, decisione, capacità di valutazione immediata e la voglia di ’sfondare’ in un mondo che le ha sempre sottovalutate. Sarà interessante vedere nei prossimi anni quanto gli sponsor desiderino puntare su donne pilota dal piede pesante e dall’indubbio talento fino a favorire quelle più meritevoli di guidare una F1 e poterle finalmente applaudire mentre salgono i gradini del podio, sarebbe senz’altro storia, una storia in grado di cambiare opinioni e prospettive del tutto sbagliate…

Marco Asfalto   

Twitter : @marcoasfalto

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