Dopo una analisi di quanto buono c’è a bordo della Williams FW41 è necessario concentrarsi anche sugli aspetti che rendono la macchina cosi instabile e poco efficace. In effetti, a quanto dicono i piloti e i tecnici, il problema di fondo della vettura è una generazione di turbolenze troppo accentuate sulla parte posteriore dell’auto e quindi in prossimità del retro-treno.

Parole di Alexander Wurtz, ex pilota F1:

“Perdiamo carico al diffusore e questo era un problema già lo scorso anno, anche se molto piccolo. Nel 2018 è cresciuto e ad oggi è sostanzialmente diventato uno stallo”

Sembrerebbe essere presente una grande forzatura che la vettura imprime sul flusso, il quale risulta essere troppo sollecitato per mantenere la sua forma laminare. Certo, perché quando si tratta di profili alari e deportanza, il flusso laminare è il migliore per riuscire a generare il giusto carico, ma qualcosa nelle forme della vettura stressa troppo la corrente d’aria obbligandola a traiettorie impossibili.

Quando le molecole devono aggirare ostacoli troppo aggressivi, infatti, non possono che farlo tramite la generazione di vortici, dannosi per la generazione di spinta al suolo.

Certo è che, però, il diffusore da solo non può essere un elemento cosi distruttivo: ci vuole ben altro per danneggiare la corrente di aria. Se paragonato al resto del corpo vettura, l’elemento incriminato non è che l’ultimo componente che il flusso incontra e molto probabilmente, le particelle lo raggiungono quando già molto perturbate dal resto delle appendici aerodinamiche.

Da questo punto di vista, la soluzione per capire al meglio la crisi Williams non è più capire qual è l’elemento interessato dallo stallo, ma quale il responsabile dell’iniziale distorsione dell’aria in arrivo sulla vettura.

A ben vedere, infatti, un qualcosa che non convince a bordo c’è ed è in prossimità delle prese d’aria per il raffreddamento del motore, non libere quanto dovrebbero essere o meglio, senza uno sfogo per l’aria che le deve aggirare.

Come sempre è stato detto durante gli articoli tecnici proposti da newsF1.it, gli imbocchi dell’aria per refrigerare l’unità propulsiva rappresentano un vero e proprio ostacolo per l’automobile:

Urtando contro le pareti dei radiatori, subendo curve all’interno dei canali o sfregando sulle superfici dei componenti meccanici, l’aria che entra nel condotto viene estremamente rallentata, fino al punto di ingolfare l’ingresso. In questo senso, con una presa particolarmente piena di molecole d’aria, non tutta la corrente in arrivo riuscirà ad entrare; molta dovrà deviare.

È visibile almeno un fattore che, sull’’auto inglese, non permette questo genere di sfogo: molte bandelle poste frontalmente alla presa, non consentono al flusso di defluire sui lati (come accade invece per la linea di corrente gialla nello schema precedente).

L’aletta presente davanti all’imbocco del condotto di raffreddamento ha una incidenza positiva e devia il flusso quasi a costringerlo ad entrare nella presa.

Non solo il flusso d’aria in eccesso non riesce più a sfuggire dal condotto, grafico precedente, linea gialla. Di fatto, grazie all’effetto Coanda (la capacità di un flusso ad aderire alla superficie di un oggetto) viene spinto ulteriormente verso l’interno della presa che, probabilmente, risulta comunque già ingolfata.

Nelle condizioni peggiori di operatività della presa d’aria, ad alte velocità, un flusso che non riesce a sfogarsi verso l’alto incontra una porzione di corrente aggiuntiva che viene costretta verso l’interno del condotto. Si ricordi che lo stesso condotto risulterebbe già ingolfato. Il possibile risultato della situazione appena descritta è ipotizzabile come segue:

Con una sequenza di cambi di direzione così repentina e aggressiva, la linea di corrente colorata di giallo non ha la possibilità di mantenere lo stato laminare, tramutandosi in breve tempo in turbolenza.

La stessa porzione di fluido vorticosa, muoverà verso il diffusore posteriore e tutte le altre superfici deportanti presenti al retro treno, rovinando il flusso e riducendo il carico deportante disponibile. Attenzione: non è necessario che al momento della nascita del vortice, lo stesso occupi porzioni importanti di spazio; Arriverà sul diffusore dopo un percorso che garantirà allo stesso vortice di crescere. Il piccolo problema presente sulla presa d’aria, anche impercettibile in particolari casi, può diventare un grande fastidio al retrotreno.

Confrontando la Williams con le altre vetture, si capisce che è la macchina inglese ad essere contro-tendenza in un parco auto all’interno del quale nessuna monta alette davanti ai condotti di raffreddamento.

I principali esempi arrivano da Ferrari e Mercedes, ma anche da Renault e altre squadre minori.

Nulla davanti alla presa d’aria su Mercedes; sopra, sotto, ma non davanti.

Può questo essere il solo ed unico difetto? Certo che no. Molte potrebbero essere le altre cause che collaborano alla crisi Williams, ma di certo c’è un grande effetto che risulta essere la conseguenza di quanto descritto e che di certo non agevola la situazione.

Per recuperare la deportanza che non viene creata dal diffusore, vengono costantemente adottati profili alari con maggiori inarcamenti e maggiori incidenze. Anche se il carico deportante aumenta, così facendo cresce molto anche la resistenza aerodinamica che rallenta ulteriormente la vettura. Non è un problema diretto, ma il fatto rappresentativo di come la causa radice di un difetto possa poi trascinare con se molte altre inefficienze che, in definitiva, non pagano.

Auguriamo che la storica squadra di Grove possa trovare il difetto a bordo vettura che provoca l’insieme di tutte le perdite fino ad ora visibili. Chiaramente, le mie vogliono e possono essere solo supposizioni basate sulle conoscenze personali e su ciò che è visibile. Certo è che la presa d’aria adotta una soluzione particolarmente diversa da quanto visto sulle macchine delle altre scuderie e, a volte, potrebbe essere un buon indizio.

 

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