Michele è scomparso il 25 aprile 2001 in un test al Lausitzring con un Audi R8 per Le Mans

La giornata di oggi per quasi tutti è una festa. Si celebra la liberazione dell’Italia avvenuta nel 1945 e la fine della guerra, le strade si riempiono di manifestazioni e cortei, sembra un giorno in cui la tristezza non può trovare alcuno spazio. Eppure per noi appassionati ogni volta viene il magone allo stomaco quando arriva il 25 aprile, pensando a quello che è successo la mattina di oggi 17 anni fa.

Michele Alboreto era un ragazzo che aveva da sempre il sogno di correre, fin da piccolo, ed è un sogno che ha coronato alla grandissima. Magari per i più giovani ( come me che scrivo) ci sarà per sempre un grande rimpianto: quello di non averlo visto gareggiare, perchè il tempo non ce lo ha permesso, maledetto tempo.

Michele era nato il 23 dicembre 1956 a Milano, e parallelamente agli studi iniziò a coltivare la passione per il motorsport. La prima presa di contatto con i motori fu dapprima con le moto, per poi iniziare a cimentarsi sulle quattro ruote. La sua carriera cominciò a decollare nel 1980, quando prese parte a quattro gare nel Gruppo 5 al volante della fantastica ed indimenticata Lancia Beta Montecarlo, griffata dall’immortale livrea Martini Racing. Qui ottenne tre secondi posti in coppia con Eddie Cheever e dall’anno dopo fece il suo debutto in Formula 1.

Nel circus iridato le porte gli vennero aperte da Ken Tyrrell, ma in quella stagione non riuscì a conquistare punti. Le due annate successive segnarono la consacrazione del talento di Alboreto, che ottenne le sue prime due fantastiche vittorie. Nell’ultimo appuntamento del 1982 trionfò a Las Vegas, ripetendosi poi a Detroit l’anno successivo.

Tali risultati convinsero Enzo Ferrari ad ingaggiarlo nel team di Maranello, funestato negli ultimi anni dalla morte di Villeneuve e dall’incidente che pose fine alla carriera di Pironi, entrambi gli eventi avvennero nel drammatico 1982. Dopo solo tre gare Michele ottenne il suo primo successo vestito di rosso, che arrivò a Zolder al volante della 126 C4. Il prosieguo della stagione fu tuttavia deludente e a fine campionato il pilota milanese non andò oltre quarto posto in classifica.

Il 1985 è sicuramente l’anno in cui Michele Alboreto fece sognare i milioni di fans del Cavallino sparsi in tutto il mondo. Un italiano a bordo di una macchina italiana che lottò a lungo per cercare di strappare il titolo all’apparentemente imbattibile Mclaren Tag-Porsche di Alain Prost. La Ferrari si dimostrò subito molto performante e nelle prime due gare Alboreto ottenne una pole e due secondi posti, issandosi in testa al campionato. Dopo il ritiro di San Marino ed un ulteriore piazza d’onore a Monaco arrivò il primo successo stagionale in Canada, seguito alcune gare dopo dal trionfo in Germania al Nurburgring.

Purtroppo però, questa fu l’ultima vittoria in carriera per Michele, dato che nel finale di stagione l’affidabilità della Ferrari si dileguò e il sogno svanì con quattro ritiri consecutivi nelle ultime gare. Il mondiale lo vinse Prost, spezzando le speranze di tutti i tifosi. Gli anni successivi furono in calando, con il team di Maranello in grande difficoltà nel dare ai piloti un mezzo in grado di competere per le vittorie. Nel 1989 Michele lasciò la Ferrari e tornò in Tyrrell, concludendo la sua carriera nel circus con la Minardi nel 1994.

La passione di Alboreto era però troppo forte per farlo smettere di correre, e così decise di continuare a cimentarsi sui tracciati di tutto il mondo nelle gare endurance. Nel 1997 colse una fantastica affermazione alla 24 ore di Le Mans, al volante della TWR-Porsche in equipaggio con Stefan Johansson e Tom Kristensen. Successivamente venne ingaggiato dall’Audi, con la quale trionfò alla Petit Le Mans del 2000 e alla 12 ore di Sebring dell’anno successivo, cogliendo l’ultima vittoria della sua splendida carriera.

Il destino beffardo bussò alla porta di Michele proprio quella mattina di 17 anni fa, mentre era in pista per testare l’Audi R8 in preparazione della 24 ore di Le Mans. Le prove stavano andando in scena sul tracciato tedesco del Lausitzring, dove si consumò il dramma di quel ragazzo tanto gentile e tanto amato da tutti. Alboreto era alla guida lungo un rettilineo, quando la sua auto uscì dal tracciato, colpì una recinzione sulla destra e si capovolse dopo un volo di un centinaio di metri. I soccorsi furono immediati ma la decelerazione e la violenza furono fatali al povero Alboreto.

La vita che se ne va in un lampo è uno spettacolo raccapricciante, ma, forse per fortuna, non ci sono video in cui si veda la fine di Michele. Tutti ce lo vogliamo ricordare sorridente come sapeva essere, non in fin di vita come troppi piloti abbiamo visto nel nostro sport.

Come già detto in precedenza, un rimpianto  che ho io in prima persona è quello di  non averlo visto in pista, così come per Senna o Villeneuve. Ma un rimpianto ancor più importante è di non aver potuto vedere il numero 1 sulla sua Ferrari, se quel mondiale fosse arrivato nel 1985. Anche il drake disse ”Dobbiamo un mondiale a quel ragazzo”, e come dargli torto ad uno come Enzo. Ora siamo qui a ricordarlo, ma sicuramente ovunque lui sia, siamo certi che non si starà perdendo neanche un singolo momento del mondiale a cui stiamo assistendo tutti. Perchè, indipendentemente da tutto, la passione e l’amore per ciò che si fa non moriranno mai.

CIAO MICHELE, CI MANCHI ANCORA TANTO

 

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